Urto

Urto è l’artista ospite del numero XXIII di FUL.

Il primo approccio di Urto con la streetart è avvenuto in terza media quando scappa (spaventato e felice!) per aver dipinto il bandone di una scuola di danza e poi, però, inizia a «dipingere» con più tranquillità. In principio era… un solo spray, una scritta, una tag, tutto qui. La sintesi perfetta. Con il tempo gli spray hanno cominciato ad essere due, poi tre, la scritta ha cominciato a prendere una forma e uno spessore, con un riempimento e un’outline. Con il trascorrere degli anni sono nati i pezzi così come ce li propone ora. Quello che Urto non perde mai di vista è la spinta che ha generato qualcosa che tutt’oggi sopravvive, anche se evoluta e cambiata. Quella spinta a lasciare una traccia è la cosa più importante di tutte. Lasciare un segno, ci dice, significa lasciarsi dietro un pezzo… colorato o argento, curato o veloce (ma anche le cose veloci sono curate a modo loro), sul metallo o sul cemento, questo lo stabilisci di volta in volta, quello che c’è intorno è una pagina vuota da riempire, da raccontare. La sua sintassi sono le idee, la sua grammatica la forza con cui riesce ad esprimerle.
Ultimamente disegna solo pesci e animali marini e tutti si chiedono il perché. Perché i pesci? Ci deve essere un perché?
Urto ha come pensiero guida il mare, forse perché c’è cresciuto vicino e attualmente si ritrova sempre più lontano dallo stesso. Sostiene di aver frequentemente pensato ai pesci fin da quando, bambino, li scoprì protagonisti in uno dei «libri più famosi al mondo, dove c’è quel tizio con i capelli lunghi che riesce a moltiplicarli insieme al pane». La storia di quello grande che si mangia quello piccolo poi, non è la versione preferita da Urto: «se quello piccolo si organizza, è capace di cambiar le carte in tavola e il gioco inizia da 0».
Acqua dolce, acqua salta, fiumi, laghi, oceani, sotto il ghiaccio, negli abissi… sono ovunque e anche a grandi distanze, senza utilizzare ne lettere, né rabbia… riescono a capirsi. Probabilmente meglio di noi uomini.
urto
Urto’s first approach to streetart was in junior high school when he painted a dance school’s rolling shutter and ran away (scared and happy! ndr). In the beginning… it was a spray, a writing, a tag. Then a spray became two, three, the writing gained shape and depth, a filling and an outline.
With the years his art became what it is now. Urto never loses sight of his original motivation: leaving a trace is the most important thing. It means leaving something behind, a small part of you.
Lately he’s been painting only fish and aquatic animals and everyone is wondering why. Urto has been thinking about the seaside, maybe because he grew up nearby and lives now very far from it. He holds that he has always been thinking a lot about fish, since when, as a child, he discovered them in that famous book «where there’s that bloke with long hair who manages to multiply them together with bread».
Sea, lakes, rivers, streams, under the ice, in the abyss… they’re everywhere and they understand each other without words. Probably much better than us. •