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Ieri il Corriere Fiorentino ha pubblicato, sia online che sul cartaceo, un interessante excursus di Vanni Santoni all’interno del panorama delle riviste fiorentine. Qualche tempo fa ci ha contattato per un intervista che abbiamo deciso di riproporvi di seguito in versione integrale. Se volete seguire Santoni nel suo viaggio all’interno del mondo free press fiorentino, leggete anche le interviste che ha fatto a Contempo,  RiotVan, Lungarno, The Florentine, Florence is you.

ful

Quando nasce FUL?
Ful nasce nell’estate del 2011.

Quanti numeri ci sono stati finora?
L’ultimo numero dicembre-gennaio è stato il numero 14, ma se consideriamo anche il numero 0 ne abbiamo pubblicati 15.

Come definireste la vostra linea editoriale?
Nasciamo con la volontà di dire agli altri che essenzialmente Firenze è una città attiva caratterizzata da un grosso fermento artistico e culturale. Secondo queste premesse cerchiamo di dare spazio editoriale e visibilità a tutte quelle realtà urbane che si muovono nei meandri dei vicoli cittadini; a coloro che da un garage, una cantina, da piccole idee riescono a creare quello che non c’era oppure a mantenere tradizioni familiari.
Non ci occupiamo ne di cronaca, ne di politica ma di tutte quelle realtà che altrimenti non riuscirebbero a trovare spazio nella canonica stampa quotidiana.

Quante copie distribuite oggi e dove?
3500 copie distribuite gratuitamente in circa 200 punti selezionati della città, prevalentemente in centro.

Da quante persone si compone la redazione?
Un nucleo operativo di 4 persone, più una decina di collaboratori tra giornalisti e fotografi.

Quali sono le attività collaterali legate alla rivista, se ve ne sono?
A volte organizziamo eventi legati al lancio della rivista o iniziative con scopo di beneficienza.

Definiresti FUL una rivista culturale?
Si, decisamente. In quanto cerchiamo di dare visibilità a tutti coloro che “producono” cultura all’interno della città.

Come vi finanziate? Che % dei costi è coperta dalle inserzioni?
Ahimè il 90% da inserzioni pubblicitarie (ahimè perché è difficilissimo), il restante 10% con piccole attività di merchandising.